Forze biodinamiche e biocinetiche

18.04.2021 19:52

Tra gli osteopati che hanno approfondito lo studio dell’osteopatia in ambito craniale, annoveriamo il dr. Rollin Becker (1910-1996). Egli nacque in una famiglia di osteopati ed inizialmente si dedicò assiduamente allo studio delle opere del dr. Still che lo appassionavano. Nel 1944 conobbe William G. Sutherland e divenne dapprima suo allievo e successivamente docente nei corsi di osteopatia craniale. Becker cercò di comprendere cosa fosse la salute e quale fosse la maniera migliore per ottenerla, mettendo sempre al centro del suo pensiero osteopatico, i concetti di movimento e di quiete. (Tuscano, 2014)

Rollin Becker stilò alcuni principi importanti:

  1. Accetta il Meccanismo, la vita cerca sempre di manifestare la salute.
  2. L’arrendersi viene dopo l’accettare. Accetta il fatto che ciò che il meccanismo ti sta dicendo è vero.
  3. Sviluppa le abilità palpatorie. Il corpo è più intelligente di te, dunque impara ad imparare da esso.

Inoltre, secondo Becker, è sempre presente un’energia fisiologica intrinseca che egli definisce come forza “biodinamica” e che si trova all’interno del paziente quando è in salute. A tale forza si sovrappongono quelle energie fisio-patologiche che si manifestano all’interno del paziente negli stati lesivi, traumatici e di malattia e che egli identifica con il termine di forze intrinseche “biocinetiche”.

 

Figura 1. Forze biocinetiche e biodinamiche. (Rivisitazione personale)

 

Così, per produrre un disturbo traumatico o una malattia, è necessario che un apporto di energia proveniente dall’esterno (o dall’interno se creata dall’individuo stesso), si combini con la forza biodinamica intrinseca del paziente.(Becker, 2009).

Secondo la visione di Becker, quindi, per risolvere, la lesione o il trauma, risulta necessario contattare un momento di “quiete”, attraverso una compressione o una forza in corrispondenza di un “punto fulcro” per permettere l’attivazione delle forze biodinamiche e biocinetiche intrinseche, in modo tale da far disperdere queste ultime nella biosfera e cioè nell’ambiente esterno. (Becker, 2009).

Durante il trattamento osteopatico di una lesione o trauma, egli sostiene che a livello palpatorio si sperimentano le seguenti sensazioni:

  1. Si prova la sensazione che questi campi di energia e questi elementi tissutali stiano lavorando in modo autonomo, nell’ambito del proprio modello.
  2. Viene raggiunto un periodo di quiete. (..). Quando il modello passa attraverso il punto di quiete, si verifica un cambiamento.(…). Questa è la fase correttiva del programma terapeutico.
  3. Il modello che va dispiegandosi evidenzia un modello di funzionamento più normale per l’area in disfunzione.

Ciascuna lesione o trauma, infatti, si imprime in ogni tessuto all’interno del paziente. I movimenti corporei forzati e le forze alle quali il corpo viene assoggettato, creano dei potenziali microtraumi che porteranno a piccolissimi modelli di fibrosi fasciale, determinando una tensione maggiore in alcune guaine dei piani fasciali ed influendo sul futuro funzionamento di strutture, tra cui muscoli, nervi, vasi sanguigni e linfatici. (Becker, 2009). Tutto ciò, comporterà una disgregazione dei meccanismi omeostatici compensativi e alcuni precedenti scompensi, per i quali il paziente era riuscito a sviluppare dei compensi adeguati, verranno alterati, risvegliando vecchi problemi.

Tuttavia, fino a che rimane una certa reversibilità nei tessuti è possibile ripristinare lo stato di salute attraverso la dissipazione di queste componenti di forza aggiuntiva. Nel momento in cui si riesce a centrare perfettamente le aree lesionate nella loro posizione anatomica e fisiologica, posizionandole in modo che i modelli di funzionamento fisiologico possano essere portati fino al punto in cui avviene la dissipazione di queste componenti di forza, si mette in moto un meccanismo in cui è il corpo stesso che effettua il cambiamento sfruttando la bioenergia del benessere che è la forza più potente esistente al mondo (Becker, 2009)

Al fine di trattare lesioni croniche vengono esposti i seguenti quattro principi:

  1. Dissipazione dei campi di energia unidirezionali e non fisiologici (…) attraverso l’intera fisiologia corporea del paziente.
  2. Ripristino della mobilità involontaria, in flessione e in estensione, del sacro tra le iliache e rilasciamento delle tensioni fasciali nelle pelvi.
  3. Correzione delle lesioni articolari legamentose riconducibili in maniera specifica all’incidente, al trauma.
  4. Ricostruzione e ripristino del funzionamento della tensione (…) miofasciale compensatoria, raggiungendo per quel determinato individuo una “agevole” normalità.

Bisogna quindi provvedere a rivitalizzare quel “campo di energia” che costituisce la forza vitale, individuando quel focolaio di forza patologico, che è diventato un’unità fisiologica integrato con le altre e risolverlo in modo che i modelli anatomo-fisiologici normali presenti nel corpo del paziente possano ripristinare appieno la loro capacità funzionale. (Becker, 2009).

In genere, infatti, lesioni e traumi si presentano su più livelli sovrapposti, manifestandosi in un enorme spessore tissutale, che rende difficile alla persona essere sè stessa ed assumersi la responsabilità della propria salute. Per lavorare su questi strati lesivi e traumatici, è fondamentale stimolare la dissoluzione dei modelli di inefficienza sovrapposti, permettendo agli strati di tensione di esprimere l’intento di tornare là dove sono pura energia potenziale. Bisogna quindi raggiungere i tessuti primari della fisiologia corporea e controllare che il sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico) sia perfettamente in equilibrio, in quanto esso controlla i vasi sanguigni, che a loro volta controllano l’interscambio di fluidi. È presente quindi, un’area quiescente, cioè un punto nel quale non si percepisce nulla al tatto e in cui risiedono le risorse che vengono trattenute, le quali si manifestano attraverso degli spasmi al di sopra o al di sotto di tale punto. Quando si entra in contatto con questa zona di quiete, si attiva il meccanismo per la liberazione e si potrebbe protrarre per un lungo periodo di tempo, manifestandosi poi nella fascicolazione all’estremità della leva che rappresentano i punti esterni periferici. (Becker, 2009). Se lo stato di salute fosse totale non ci sarebbe intrappolamento, in quanto essa si manifesta con un costane fluire e rifluire. Soltanto aggiungendo una lesione, un trauma o una malattia si ottengono queste aree localizzate che si strutturano in un modello definitivo, per permettere alla malattia o al trauma di esistere.

Se viene applicata una compressione si inizia a rilevare una resistenza finché non si sente di aver equilibrato l’energia presente all’interno dell’area quiescente arrivando ad uno stato in cui si scarica o si tende a neutralizzare l’energia interna al punto di quiete. In quel momento si avrà raggiunto un punto dove si può produrre cambiamento e si iniziano a sentire le estremità delle leve che si modificano. (Becker, 2009).

Ci sono tre tipi di moto possibili da percepire:

  1. In un individuo perfettamente normale, non si sente niente.  (…)
  2. In caso di trauma è presente, in tutta la zona periferica, una sorta di movimento casuale e non specifico, senza scopo alcuno. Ci possono essere inoltre spasmi muscolari e fascicolazioni.
  3. Il terzo tipo di moto è specifico e non più casuale, in quanto sembra avvolgersi e svolgersi nell’area del problema facendosi sempre più prossimo al suo nucleo. Negli stati cronici questo campo di forza racchiuso, si manifesta con questo moto ed è così ben radicato che non risulta incline ad alcun cambiamento se non si interviene rivitalizzandolo.

L’area lesa o traumatizzata, non si normalizza improvvisamente solo perché si è creato un cambiamento, ma deve avvenire una ridistribuzione completa dell’intero modello di salute. Risulta quindi necessario svuotare i vasi linfatici e le venule, migliorare l’apporto nervoso ed eliminare alcuni dei vecchi impulsi. Oltre a ciò, sarà necessario far emergere la totale vitalità dell’impulso nervoso e dell’intero meccanismo, attraverso la dissoluzione dell’energia intrappolata in determinate aree, poiché se rimane troppo a lungo bloccata, porterà all’affievolimento del sistema, il quale non avrà più risorse per il recupero. Bisognerà a questo punto stimolarlo ed insegnarli a reagire.

 “Quando l’Alito di Vita sarà in grado di risolvere o dissolvere il fulcro indotto, lei farà ritorno alla forma priva di modello che possedeva in precedenza e la complessa sintomatologia svanirà.” (…). La Potenza liberata dall’Alito di Vita viene trasmutata nel liquido cerebrospinale, il quale attiva il meccanismo respiratorio primario, che a sua volta va a modificare i meccanismi secondari. Quando le acque cerebrali sono restituite alle fasce viventi colpite da siccità, i primi raccolti del funzionamento all’interno delle fasce esprimono i sintomi del ritorno a regolare erogazione ed uso d’acqua, ma non avendola avuta per lungo tempo, il primo effetto si esprimerà sotto forma di sintomi. (…) Non siamo che gli strumenti o le trasparenze attraverso le quali la forza è in grado di agire e lo fa in rapporto alla nostra quiete ed alla nostra calma” (Becker, 2009).

 

Bibliografia

  • Tuscano, S.C. (2014). Storia dell’osteopatia. Guida introduttiva di base. Ed.: libero di scrivere.
  • Becker, R.E. (2009). La vita in movimento. La visione osteopatica di Rollin Becker, D.O. Ed. Futura Publishing Society.
  • Becker, R.E., R.E., Brooks (2009). La quiete della vita. La filosofia osteopatica di Rollin Becker. Ed. Centro Osteopatico.