Movimento ed apprendimento

29.09.2016 07:20

 


 
Due parole sul movimento

Il movimento è una funzione estremamente complessa e fondamentale per la nostra esistenza. Anche se non sempre ne siamo consapevoli, muovendoci acquisiamo, grazie ai nostri sensi, quelle informazioni che ci sono necessarie per l'organizzazione del nostro comportamento e per conoscere e dare un senso al mondo che ci circonda. Attraverso il movimento creiamo quell'esperienza personale che è alla base della nostra individualità e che è poi così importante per le relazioni con gli altri. Questo è possibile perché le nostre azioni possono essere concepite come il prodotto di integrazione di complesse informazioni sensoriali, emotive e cognitive che acquisiamo attraverso il movimento e che vengono continuamente elaborate dal nostro sistema nervoso centrale, il quale ci fornisce quelle risposte che noi mettiamo in atto per raggiungere i nostri scopi e soddisfare i nostri bisogni. Vediamo quindi come il movimento sia il presupposto essenziale per creare un'azione finalizzata e come non si limiti ad indicare la semplice contrazione muscolare utile allo spostamento del nostro corpo nello spazio. Esso è il presupposto essenziale grazie al quale possiamo raccogliere nuove informazioni che, se ben differenziate, possono contribuire a modificare ed arricchire la nostra organizzazione cerebrale.

Vediamo un esempio:

Un studio ha indagato l’effetto prodotto dall’ampliamento delle possibilità motorie in due soggetti umani affetti da sindattilia (un'anomalia congenita che consiste nella fusione di due o più dita prevalentemente delle mani). La separazione chirurgica delle dita precedentemente attaccate tra di loro per effetto di una condizione patologica ha creato nuove condizioni, che hanno permesso ai soggetti di muovere le dita in maniera indipendente: tale incremento della motilità ha prodotto anche un ampliamento ed una differenziazione delle aree corticali di rappresentazione corrispondenti alle dita interessate (Mogilner et all., 1993).

Imparare nuovi modi di muoversi, accrescendo il numero di possibilità per portare a termine un'azione, potrebbe essere quindi utile per aumentare le alternative riguardo alla risoluzione di un problema, evitando così di sentirsi vincolati ad un unico modo di agire. Questo è più facile in un clima di apprendimento favorevole in cui, attraverso il processo relazionale con il terapista, è possibile per il paziente sperimentare, attraverso piccoli aggiustamenti, nuove opzioni che arricchiscono il patrimonio senso-motorio, emotivo e cognitivo.

 

Le tensioni limitano a lungo andare la nostra capacità di adattamento

Una delle caratteristiche più importanti che ci permette di reperire informazioni attraverso il movimento è la capacità che abbiamo di orientare i vari segmenti corporei nello spazio “frazionando” le parti tra loro in modo da renderle più adattabili e permettere ai segmenti del corpo di assumere contemporaneamente diverse direzioni tra loro che, seppure differenti, lavorano in sinergia per il raggiungimento armonico di uno scopo. A tal proposito si pensi ai movimenti fini che può compiere la mano per afferrare oggetti di diversa forma e consistenza oppure all'adattabilità della colonna vertebrale che ci permette di compiere innumerevoli movimenti nelle diverse direzioni dello spazio. Possiamo quindi intuire come ogni lesione, disfunzione, tensione muscolare e blocco articolare può impoverire tale capacità di frammentazione, che si accompagnerà ad un impoverimento della presa di informazioni che normalmente otteniamo per mezzo di una fisiologica integrazione con l'ambiente. Il nostro sistema motorio si adatta anche in circostanze radicalmente alterate dal punto di vista fisiologico, ma se le richieste ambientali sono sempre le stesse ed uno stimolo alterato viene reiterato nel tempo, a lungo andare potremmo risentirne sviluppando fastidi e dolori. Spesso infatti non siamo consapevoli dell'organizzazione dei nostri movimenti e di come quest'organizzazione influenzi il nostro modo di agire. Come si può dunque riorganizzare una funzione motoria ristretta e condizionata da schemi disfunzionali che portano a rigidità, tensione e dolore?


 
Apprendere ad arricchire il nostro bagaglio motorio.

Sebbene non esistano idee precostituite su come iniziare un'ipotesi di trattamento, potrebbe essere facilitante cominciare a riorganizzare i propri schemi di movimento partendo da sdraiati. In questo modo si scaricano le piante dei piedi dalla pressione e si libera la corteccia motoria dai propri atteggiamenti abituali. Partire da sdraiati può aiutare a diminuire il tono muscolare e quando esso è al minimo possibile, si è in grado di avvertire l'aumento dello sforzo che dobbiamo compiere per muoverci e quindi, se serve, imparare ad evitarlo. Andare lentamente è fondamentale per affinare la nostra sensibilità profonda, per rendersi conto delle tensioni eccessive ed inutili che impediscono il movimento fluido e per cercare di eliminarle. (Infatti un'azione rapida durante l'apprendimento di un movimento nuovo potrebbe risultare faticosa, recare confusione e rendere di conseguenza il tutto spiacevole). Un altro aspetto fondamentale è la partecipazione di quei processi cognitivi come l'attenzione e la percezione che, se utilizzati attivamente, sono presupposti indispensabili per ottenere dei cambiamenti significativi nel tessuto nervoso.

Ecco un altro esempio:

Alcune scimmie vennero addestrate a toccare con la mano un disco la cui superficie era provvista di lievi scanalature: al contatto con le dita il disco, inizialmente immobile, avrebbe cominciato a ruotare. Il dispositivo impiegato nell’esperimento era congegnato in modo tale che, solo esercitando una ben determinata pressione sul disco rotante con la mano l’animale avrebbe ricevuto in premio una pallina di banana. Dopo l’addestramento, la rappresentazione nell' area corticale sensoriale primaria (S1) delle dita impiegate dagli animali per esercitare la pressione corretta sulla superficie ruvida del disco rotante risultò significativamente aumentata. Da notare, alcune scimmie vennero avviate ad un addestramento apparentemente simile nel quale, tuttavia, il disco non ruotava ed aveva una superficie liscia: in questa condizione non era dunque necessaria alcuna regolazione del contatto della mano sulla superficie del disco per ottenere la ricompensa alimentare, ed il compito così proposto non prevedeva la raccolta di specifiche informazioni sensoriali di tipo tattile. Contrariamente alla prima, questa seconda procedura non induceva ampliamenti significativi delle rappresentazioni delle dita in S1: ciò ha dimostrato che l’attenzione al compito e la ricerca attiva di informazioni sono presupposti indispensabili per ottenere modificazioni plastiche a carico del tessuto nervoso (Jenkins et all., 1990).

Per allenare questi processi può essere utile eseguire i movimenti ad occhi chiusi cercando di percepire mentalmente i movimenti che si stanno eseguendo, rappresentandosi cosa fanno i muscoli e le articolazioni interessate durante il movimento e prestando attenzione alle rigidità che pian piano svaniscono. La forza adoperata durante l'esecuzione dei gesti è leggera e naturale, sufficiente solo a normalizzare gli spostamenti delle articolazioni. I movimenti si eseguono senza forzare e si rallenta o ci si ferma nel momento in cui insorge fastidio o dolore. È infatti importante rimanere in una buona disposizione d'animo e riposarsi ogni qual volta se ne sente il bisogno. Rispettare le pause significa rispettare il nostro tempo personale e dare il tempo al nostro sistema nervoso di elaborare le nuove informazioni. Dopo aver sperimentato per qualche volta il movimento richiesto, ci si può soffermare su di un punto particolarmente rigido e cercare di rilassare la zona associando per esempio una respirazione naturale. Ogni movimento dovrebbe quindi avere come guida la sola soddisfazione personale nel sentire che l'azione che si sta compiendo diventa sempre più semplice, fluida e di conseguenza meno sgradevole. Si può quindi comprendere l'importanza di rendere il movimento e con esso i nostri muscoli e articolazioni, liberi da tensioni, in modo tale da raggiungere, attraverso l'azione, i nostri scopi in maniera più gradevole e facile. Imparando a differenziare e ristrutturare i movimenti abituali , la corteccia motoria perderà tutti i modelli coercitivi privi di alternative, si migliorerà la respirazione e saremo in grado di riprovare quella sensazione di leggerezza tipica della mancanza di tensioni. Questo è possibile attraverso un impegno attivo sostenuto dalla relazione paziente- terapeuta in cui diventa fondamentale la descrizione el'elaborazione dell'esperienza che si sta vivendo.

 

Ridurre la tensione del tratto cervicale e della colonna sul movimento della rotazione
  1. Da in piedi provare qualche movimento lento rotazione prima del collo poi della schiena. Valutare i movimenti che danno maggior dolore o in cui si sente minor possibilità di movimento.

  2. Sdraiarsi a terra supini in una posizione comoda. Percepire il contatto del proprio corpo sul pavimento e la linea centrale che passa per l'osso sacro, il centro delle scapole e la nuca.

  3. Fare qualche respiro lento e sentire quali parti sono coinvolte durante l'inspirazione e l'espirazione. Provare a percepire se c'è differenza tra il tempo in cui l'aria entra e quello in cui esce.

  4. Poggiare le mani prima sulla pancia sotto l'ombelico, poi sulle costole ed infine sopra lo sterno. Portare l'attenzione all'aria che entra ed esce in ognuna di queste zone.

  5. Piegare le gambe. Espirare lentamente fino a svuotare tutti i polmoni. Lasciando cadere prima lo sterno e contraendo la parete addominale verso la fine dell'espirazione. Senza forzare l'inspirazione riprendere lentamente l'aria sentendo che entra prima nell'addome poi nel torace.

  6. Eseguire qualche movimento lento di rotazione per valutare la mobilità delle articolazioni da sdraiati e rilevare eventuali zone dolorose o poco mobili confrontandole con quelle valutate da in piedi.

  7. Cominciare dei movimenti lenti di rotazione dal lato opposto a quello in sofferenza e ripeterli qualche volta sempre dallo stesso lato portando attenzione alla qualità del movimento e percependo se ci sono tensioni che si possono pian piano abbandonare.

  8. Effettuare la respirazione descritta in precedenza prima sempre nella posizione opposta a quella in sofferenza. (Se si sente dolore o mancanza di mobilità in più punti, cominciare sempre dal lato meno doloroso o con minor difficoltà di movimento).

  9. Riascoltare le differenze nel tono muscolare e i cambiamenti nelle sofferenti..

  10. Riprovare da in piedi i movimenti iniziali di collo e schiena ed osservare cosa è cambiato.

BIBLIOGRAFIA
  • Marasco, M.L. (200). Back School. Contro il mal di schiena. Programmazione e conduzione. Ed.: Amaltea
  • Zangrando, F., Isidori, R., Vulpiani, M.C., Saraceni, V.M., (…) “Immaginando” la scompara del dolore. Possibilità di utilizzazione dell'immagine motoria nel dolore cronico.

  • Mc Kenzie, R. (1992). Prendersi cura del proprio collo. Ed.: Spinal Publications LTDP.O. Box 93, Waikanae, Nuova Zelanda.

  • Feldenkrais, M. (1997). Le basi del metodo per la consapevolezza dei processi psicomotori. Ed. Astrolabio.

  • Feldenkrais, M. (1996). Il corpo e il comportamento maturo. Sul sesso l'ansia e la forza di gravità. Ed. Astrolabio.

  • Cancedda, M. (2007). Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais. Chinesiologia n.2.

  • Greissing, H, Zillo, A. (1985). Zilgrei. Il metodo per eliminare subito il dolore. Ed. Arnoldo Mondadori.

  • Mogilner, A., Grossman, J.A., Ribary, U., Joliot, M., Volkmann, J., Rapaport, D., Beasley, R.W., Llinás, R.R.(1993) Somatosensory cortical plasticity in adult humans revealed by magnetoencephalography. Proc Natl Acad Sci USA: 90(8): 3593- 7.

  • Jenkins, W.M., Merzenich,M.M., Ochs, M.T., Allard, T., Guic-Robles, E. (1990). Functional reorganization of primary somatosensory cortex in adult owl monkeys after behaviorally controlled tactile stimulation. J. Neurophysiol: 16 (1): 82-104 (Abstract: http//www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2299388).

SITOGRAFIA