Processo alchemico di integrazione tra luce ed ombra. Correlazione tra visceri, emozioni e disturbi muscolo-scheletrici

01.08.2022 11:19

 

 

La complessità dell’organismo umano permette di mantenere un equilibrio dinamico attraverso la correlazione tra emozioni, movimento e pensiero. La loro combinazione porta nel tempo allo sviluppo della personalità e delle abitudini dell’individuo. Per mantenere un certo grado di benessere l’organismo deve saper gestire le turbe che provengono dal mondo esterno e da quello interiore, adattandole continuamente ai cambiamenti contingenti.
  • Le turbe esterne possono variare da episodi con basso livello di stress a traumi fisici, emotivi, psicologici e spirituali importanti.                   

  • Le turbe interne si possono riferire alla difficoltà di rielaborazione delle problematiche che fanno fatica a circolare adeguatamente e rimangono bloccate all’interno dell’individuo.

L’organismo è interconnesso a vari livelli: spirituale, emotivo, fisco, psicologico e ciò che permette la fluida interrelazione tra questi livelli è la possibilità di movimento del sistema viscerale, l’elasticità della fascia miotensiva (comprendente tutti i vari sistemi del corpo umano), la flessibilità dei processi cognitivi.

In particolare il sistema viscerale presenta caratteristiche di raccordo tra i vari aspetti dell’individuo. Ogni viscere si muove infatti in relazione alle altre strutture attraverso un suo movimento caratteristico, residuo del movimento embriologico. Se l’organo perde la possibilità di movimento, si possono sviluppare zone rigide e fibrotiche, che nel tempo portano a scompensi articolari e muscolo-scheletrici anche a distanza dal sito di origine.

 

Perdita di movimento ed instaurazione dei blocchi psicosomatici

Per la caratteristica interdipendenza tra i vari livelli dell’individuo, qualsiasi turba, interna o esterna, di origine emotiva, fisica, psicologica o spirituale, può essere il fattore scatenante della perdita di movimento delle strutture corporee e dell’instaurarsi di un blocco. 

La possibilità dell’organismo di compensare e di reggere a queste turbe è data dalla sua “capacità di adattamento” grazie ai meccanismi di autoguarigione. Spesso il tentativo dell’organismo di adattarsi alle turbe comporta un costo, come la perdita di elasticità del tessuto miofasciale, che è il terreno nel quale le tensioni si strutturano in modo a volte silente. Cambia così progressivamente tutto l’assetto miotensivo portando a disequilibri somatici e psichici, quindi posturali e caratteriali.

Inoltre, poichè la fascia miotensiva ha una sua memoria e gli organi incamerano emozioni e stress, la comunicazione con il sistema nervoso crea dei circuiti che si fissano nei tessuti dando luogo a circoli viziosi che tenderanno a ripetersi. Per esempio, in caso di dolore reiterato per lungo tempo, si forma una vera e propria “patologia del dolore”, in cui lo stimolo instaura una sua autonomia funzionale che si imprime nel cervello e nel corpo. Finchè conserva delle buone capacità di adattamento, l’ascolto di sé e un dialogo interiore funzionale, l’organismo risulta in grado sia di gestire gli scompensi sia di potenziare le proprie risorse. Se ciò non avviene vengono prima inviati segnali di avvertimento attraverso i sintomi per poi passare all’insorgenza delle disfunzioni e infine della patologia.

 

Ruolo delle emozioni

Se le emozioni provate non vengono ritradotte adeguatamente a livello cognitivo, ma lasciate ristagnare nei visceri o nei tessuti, possono essere la causa dei blocchi  e creare un affaticamento sempre maggiore nelle strutture viscerali. Una disfunzione di origine emotiva, magari presente da molto tempo, si è inoltre strutturata in modo tale da divenire parte integrante della personalità dell’individuo e come tale svolge un ruolo nel suo equilibrio. Se le condizioni interne ed esterne lo permettono, rimarrà presente senza creare eccessivi scompensi. Se invece accade qualcosa che innesca la riacutizzazione di un dolore che risulta sempre meno gestibile, potrebbe risultare utile indagare la causa emotiva che sta alla base della disfunzione.  

A tal proposito ogni organo ha il suo aspetto psicosomatico.

  • I polmoni sono correlati alla paura di affogare, di soffocare, di essere rinchiusi o dominati.

  • Il cuore assorbe shock psico-emotivi intensi che possono portare alla sensazione di una sua rottura.

  • La cistifellea incamera l’apprensione costante.

  • L’intestino assorbe somatizzazioni forti e contrastanti, essendo un recettore ultrasensibile di emozioni.

  • Lo stomaco è scosso da problematiche legate allo stress della vita sociale.

  • Il duodeno risente delle emozioni che riguardano l’io profondo.

  • Il pancreas e la milza, assorbono shock importanti che intercorrono nel corso della vita.

  • Il fegato è l’organo dell’essere e registra tutti gli elementi della costruzione identitaria.

  • I reni incamerano paure ancestrali, esistenziali e rabbia profonda. In particolare, il rene sinistro è legato all’aspetto genitale, alla sessualità e alla sensualità; il rene destro ha funzioni più digestive ed elimina il sovraccarico emotivo del fegato.

  • La vescica risente del controllo costante, dell’educazione rigida e delle vecchie credenze.

Alla luce di queste connessioni, lavorare su di un viscere agisce sull’intero aspetto psicosomatico della persona. Inoltre, vista l’intensità che può assumere un’emozione, risulta inutile contrastarla, ma bisogna imparare ad integrarla insieme ai sintomi che ne fanno da portavoce nel vissuto personale. Così se i blocchi sono già strutturati, ma si è arrivati ad un grado di consapevolezza tale da poterli riconoscere e sentire, si potrebbe provare la sensazione di avere delle “forze interne” che creano disequilibri tirando i segmenti corporei verso il punto di origine della tensione. 

 

Rilasciare i punti di tensione è possibile?

È possibile agire sulla disfunzione tramite i processi di autoguarigione dell’organismo. Bisogna però imparare a lasciar fluire le emozioni, senza combatterle imparando a “danzare con la propria ombra” e prendendosi cura del proprio sistema viscerale. Questo è possibile se ci si connette con la fonte primaria dell’unica vera forza curativa che è l’amore e recuperando la libertà di movimento dei tessuti. 

Così all’interno, oltre alla presenza di forze riparatrici e distruttive, vi è anche un’altra forza più vasta ed alla quale è possibile connettersi. Essa è sempre presente e permette un movimento di tranquilla espansione ritmica. È la forza creatrice universale. Connettendosi ad essa si percepiscono tutti i conflitti inscritti nel corpo osservandoli oggettivamente, senza esserne risucchiati. Da un lato si può percepire un viscere con scarsa mobilità, dall’altro il fluire ritmico che va a stimolarlo, cercando di rimetterlo in moto. Riuscendo ad accogliere e direzionare questo "fluire", gli organi riprendono a vibrare entrando in risonanza tra loro e permettendo il rilasciamento delle tensioni. Come quando entrando in una stanza buia si aspetta lentamente che lo sguardo si adatti per poi cominciare a vedere, così invece di opporre resistenza al blocco, si deve attendere che si riveli. I diaframmi, in questo processo, fanno un lavoro di coordinazione ed adattamento costante, riattivando armoniosamente il ritmo e lo scorrere dei fluidi. Il sistema nervoso si calma modulando l’iperattivazione e tutte le strutture miofasciali si rilassano. A quel punto possono riemergere i vissuti incastonati nel corpo come pietre o ghiaccio cristallizzato. Poiché tutto ha la possibilità di scorrere e di essere plasmato, la configurazione della fascia miotensiva può cambiare e i dolori e le tensioni perdere il loro potere distruttivo venendo collocati in un contesto più ampio.

Così la luce e l’ombra non si possono separare, né scontrarsi tra loro, poichè più la luce è grande, più il lato  oscuro è potente. Bisogna invece creare una sintesi degli opposti attraverso un processo alchemico che porti ad una nuova integrazione.

 

Tutto ciò che è rigido ed eccessivo risulta nocivo

Quando si manipola un viscere è importante connettersi con estrema sensibilità ed ascolto profondo, facendo esprimere il tessuto e dialogando con esso. A volte bisogna seguirlo, a volte indirizzarlo, ma il processo deve avvenire con estrema delicatezza. Anche gli interventi più decisi sono sempre guidati dalla consapevolezza e mai da un cieco uso della forza.

Un aspetto difficile da gestire è l’altalenarsi dei miglioramenti e delle ricadute. Questo risulta destabilizzane se si è abituati a vedere ogni processo come qualcosa di lineare, un passaggio da causa ad effetto. Integrando un punto di osservazione differente, i momenti di ricaduta possono essere inseriti in una visione circolare a spirale che tende verso l’alto. In quest’ottica i momenti difficili sono utili al processo evolutivo. Rimanere in ascolto di cosa il corpo ci vuole comunicare attraverso i sintomi è il primo passo per il recupero del benessere. I dolori psicosomatici possono essere quindi interpretati come segnali che indicano la necessità di apportare dei cambiamenti.

A tal fine è fondamentale sviluppare alcune caratteristiche:

  • Divenire consapevoli che abbiamo una grande forza interiore e che, al di là del dolore, è sempre pronta a sostenerci, come una fibra di puro spirito in cui circola e fluisce la vita.

  • Avere fiducia in tale forza, sapendo che è sempre presente, anche se facciamo fatica a percepirla.

  • Armarsi di pazienza, indispensabile per apprendere come connettersi volontariamente con le proprie risorse.

  • Imparare a reggere le frustrazioni che vanno assorbite, fatte circolare e rigettate all’esterno, evitando così che ristagnino divenendo tossiche.

  • Rendere la mente un potente alleato e non un ostacolo, ascoltandola e direzionandola con gentilezza.

Il denominatore comune per sviluppare queste caratteristiche è l’allenamento costante, attraverso la ricerca di spazi in cui trovare la connessione tra corpo-mente-spirito. Spesso la meditazione, il lavoro sul corpo per mezzo della terapia manuale o un adeguato movimento fisico (lento e circolare), il dialogo, permettono di far riemergere quei conflitti passati che andranno gestiti creando delle alternative più allettanti da depositare nel profondo: qualcosa che venga riconosciuto dal sistema come più funzionale e piacevole.

La motivazione e la determinazione che accompagnano questo processo deriva, dalla voglia di vivere. Prendendo coscienza che i processi disfunzionali possono essere modificati, si dovrà mettere in atto un vero e proprio cambiamento che si rifletterà sulle abitudini. In quest’ottica i blocchi non vanno rimossi, ma cambiando il terreno intorno a loro, non troveranno più nutrimento e verranno trasformati.  Bisogna quindi accettare le situazioni e le proprie fragilità, che sono in fondo quelle parte di noi più autenticamente umane.