VIAGGIO NEL TEMPO. " La concezione della salute dall'età classica ai nostri giorni"

21.06.2016 10:21

 

VALORI ETICI DELLA MEDICINA IPPOCRATICA

Ai tempi dei Greci e del pensiero ippocratico, la medicina intratteneva con il pensiero filosofico e con i principi che regolavano le norme della società, rapporti di interdipendenza che suggerivano come l' "arte medica" fosse una manifestazione di più generali principi morali.
Erano presenti infatti alcuni concetti fondamentali che definivano un nucleo di valori che il medico doveva osservare come conseguenza di un "patto" contratto alla presenza delle divinità della cura (Apollo, Asclepio, ecc.). Il medico doveva agire nell'interesse del paziente compiendo  solo quegli atti dei quali era capace per aiutarlo contro la malattia. Questo patto inoltre regolava le abitudini comportamentali alle quali il medico doveva attenersi e che andavano dal suo modo equilibrato di apparire in pubblico, alla tutela del rapporto che aveva con il paziente. (A tal riguardo si pensi all'obbligo del segreto professionale secondo il codice di deontologia etica: "il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conosceza nell'esercizio della professione..."). 
Il principio cardine dell'etica ippocratica era quindi quello di essere utile senza provocare danno (primum non nocere) cercando di eliminare le sofferenze del malato mitigando la forza della malattia, ma astenendosi dall'intervenire nei casi in cui il male fosse troppo forte. In questo caso il medico assecondava l'andamento degli eventi naturali riconoscendo i limiti intrinseci della sua competenza e rimanendo rispettoso di un'etica che vedeva la medicina come parte costitutiva di un tutto armonico, retto dalle leggi della necessità.

 

RAPPORTO MEDICO- PAZIENTE ALL'EPOCA IPPOCRATICA

Per i Greci il corpo non era separato dall'anima, nè la salute dalla malattia e le parole che si usavano per indicare la sofferenza corporea erano valide anche per quella dello spirtio. Partendo da questa visione unitaria possiamo intuire come la medicina e la morale avevano all'epoca gli stessi scopi: equilibrio del corpo, dell'anima e del mondo sociale.  La clinica ippocratica era di per sè manifesto etico ed il medico doveva possedere pienamente e mettere al servizio dell'ammalato la "teoria dei segni".
Fondamentale quindi la relazione con il paziente che acquisiva assoluta centralità in quanto doveva essere consapevole della sua malattia e della storia che la caratterizzava senza accogliere passivamente le prescrizioni. (Si pensi al più recente consenso informato. Esso rappresenta la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello alla salute e quello dell'autodeterminazione. Ogni persona ha infatti il diritto di essere curato, di ricevere le opportune informazioni sulla natura e i possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto e delle eventuali terapie alternative. Il consenso informato trova il suo fondamento negli art. 13 e 32 Cost.). Il dialogo tra medico e paziente era quindi un momento fondamentale in cui da un lato il paziente, insieme ai familiari, ascoltava le impressioni del suo curante, dall'altro quest'ultimo poteva apprendere il vissuto psicologico dell'ammalato. Si creava così, nell'ambito della clinica, un rapporto di scambio reciproco in cui l'anamnesi ippocratica costringeva il malato a ricercare nella memoria la storia prossima e remota del suo disagio, consentendogli di trovare in primo luogo dentro di sè la convinzione per intraprendere il percorso di guarigione.
 

ANCOR PRIMA DI IPPOCRATE

L'arte della guarigione in Grecia risale a periodi precedenti ad Ippocrate ed era strettamente legata alla mitologia ed al rito nella così detta "medicina teurgica".  Per tentare di comprendere meglio come veniva affrontata la malattia ed il tentativo della "restitutio ad integrum", possiamo prendere come esempio il lungo processo di guarigione del retore greco Elio Aristide che, soffrendo di un disagio esistenziale profondo, decise di intraprendere un lungo soggiorno, protratto per anni, presso il famoso tempio di un dio antico della guarigione. In questo luogo Aristide pratica il "sonno sacro", durante il quale il dio stesso, attraverso i sogni o tramite i suoi sacerdoti1, consiglia tutte le strategie terapeutiche da osservare per la guarigione. Queste prevedevano: massaggi, bagni, esercizi fisici, pratiche di canto e danza, assunzione di farmaci, applicazioni di pomate e clisteri. La permanenza notturna dava perciò modo al dio di guarire o suggerire al paziente le modalità di cura da potersi poi attuare al momento del risveglio.
In questo modo gli era data l'opportunità di trovare una soluzione del tutto personale ed autonoma alla sua sofferenza, mettendo in luce le sue forze rigeneratrici. L'esempio ci suggerisce come la medicina teurgica non era in contrapposizione con quella ippocratica, poiché se analizziamo i metodi che venivano usati per ricercare la salute, riscontriamo come essi prendevano in considerazione tutti gli aspetti della persona nella sua complessità.

 

 

CENNI STORICI DI UN PROCESSO DI CAMBIAMENTO

 
Fin qui abbiamo visto come, nella cultura classica, la “riconquista” della salute era strettamente correlata al senso di responsabilità che l'individuo aveva nell'affrontare in prima persona il processo di guarigione e come il medico si faceva portatore di un sapere che potesse agevolare questo processo personale. É fondamentale comprendere come in quell'epoca l'idea di salute e malattia erano aspetti dicotomici di uno stesso processo. L'uomo infatti, come abbiamo già visto, si sentiva parte integrante di un tutto in cui non si poteva scindere la felicità dal dolore e l'anima dal corpo. In un'ottica così unitaria il dolore era riconosciuto come una componente inevitabile della realtà soggettiva, su cui ognuno modellava costantemente le proprie reazioni coscienti. La gente insomma sapeva di dover fare i conti da sola con la propria emicrania, col proprio difetto, con la propria afflizione. Con l'andare avanti del tempo maturavano però le condizioni affinché questa visione si trasformasse.Infatti, se nelle società primitive e per tutto il Medioevo il corpo veniva ancora considerato sacro (grazie anche al forte legame presente con le divinità o il dio che in qualche modo sanciva un confine con quelle che erano le possibilità finite dell'uomo), nel XV secolo cominciava a svilupparsi un processo di cambiamento in cui prendeva piede la preoccupazione e l'esigenza di scandire il tempo e di misurarlo con esattezza. Il corpo, fino a quel momento considerato sacro perché riflesso di un qualcosa di superiore, perde tale caratteristica e diventa "oggetto" su cui il medico può intervenire anche con il bisturi. A tal proposito vediamo come cambiava, anni più tardi, la scena anatomica rispetto alla tradizione medievale: il professore non era più in cattedra, ma lavorava in prima persona all'apertura del cadavere e gli studenti erano vicinissimi al corpo. Infatti nel XVI secolo Andrea Vesalio, era il perfetto esempio dell'uomo di scienza di primissimo evo moderno, in equilibrio tra l'eredità della medicina antica e una pratica molto innovativa. Egli cercava sempre di mantenere, durante le sue dissezioni i contatti con la tradizione antica. Si vedeva infatti come simbolo al di sopra del tavolo dissettorio, lo scheletro portatore del messaggio "!memento mori": a ricordare il disfacimento del corpo e della transitorietà della vita terrena in ognuno di noi. Nel XVII secolo si ponevano le basi della scienza moderna sperimentale e non è un caso che in questo periodo Harvey, medico di origine inlgese, dimostrava a livello sperimentale la circolazione sanguigna, conciliando le idee di cultura classica con l'adozione del metodo quantitativo. Gli intellettuali cominciavano tuttavia a considerarsi superiori agli antichi scrittori greci e latini per cui rifiutavano il culto delle autorità dei modelli classici e si cominciava a parlare del prolungamento della vita come di un nuovo dovere dei medici. Con l'andare avanti del tempo e con l'instaurarsi dei cambiamenti dovuti alle rivoluzioni industriali (seconda metà del '700, 1870, 1970) le società, divenute sempre più intensamente industrializzate, educavano le persone ad apprezzare ciò che si poteva comprare e non più quello che si poteva creare. La gente voleva esser istruita, curata, trasportata, anzichè apprendere,guarire,muoversi e trovare la propria  strada. In quest'ottica il medico acquisiva sempre più  il ruolo di responsabile della vita del paziente. Tuttavia una società che educa a consumare anzichè ad agire, frena il campo d'azione dell'essere umano, espropriandolo della responsabilità del mantenimento della sua salute.
 

"IATROGENESI"DELLA SALUTE

Nel momento in cui le pratiche più basilari della vita umana perdono il contatto con quella che è la creatività della libertà personale e lasciano il posto all'ideologia dello sviluppo illimitato presente nella nostra cultura, ecco che una “medicalizzazione” eccessiva potrebbe rappresentare un rischio per la salute della persona in quanto generatrice di una dipendenza patologica dai mezzi tecnici sempre più sofisticati anche se spesso inefficaci. Pensiamo ad esempio come agli inizi degli anni Sessanta, il Servizio Sanitario Nazionale Britannico creato da Beveridge si basava sul presupposto che la somma delimitata delle morbosità presente in ogni popolazione, se veniva curata a dovere e con equità sociale, alla fine si sarebbe ridotta per forza. Beveridge, aveva perciò calcolato che il costo annuo del servizio sarebbe sceso man mano che le terapie riducevano il tasso di malattie. Tuttavia non si sarebbe mai aspettato che, invece di diminuire le malattie, si stava allargando il campo delle cure mediche e che solo una restrizione degli stanziamenti avrebbe impedito che si espandesse definitivamente.
Questa esperienza sembra concordare con una pubblicazionde dell'OMS del 1974, che sosteneva come la riduzione della professionalizzazione (intesa come quel processo in cui un'attività diventa una professione) dell'assistenza di base sarebbe da sola il passo più importante per migliorare il livello di salute delle popolazioni. Questo punto di vista è rinforzato dal fatto che le tecniche sanitarie d'efficacia dimostrabile sembra che possano essere apprese nel giro di pochi mesi e usate competentemente da milioni di persone. Inoltre sotto la spinta degli scandali provocati dalle sperimentazioni mediche immorali 2  e della critica politica del potere medico e della scienza, la comunità medica intraprese un processo di innovazione dei presupposti etici della propria attività. Questo fu possibile anche sotto la spinta di un processo di emancipazione sociale, economica e culturale che rendeva i pazienti, nei paesi occidentali, non solo più consapevoli dei propri diritti, ma anche meno disposti ad accettare una tutela del medico in chiave "paternalistica". Cresce così l'empowerment e cioè la consapevolezza dell'importanza della responsabilità personale, individuale e collettiva, nell'utilizzare le proprie risorse positive per agire sulle situazioni e modificarle. La conseguenza di ciò era stata la rivendicazione da un lato e il riconoscimento dall'altro del diritto all'autodeterminazione personale del paziente
 

RITORNO ALLE ORIGINI

Possiamo quindi ritornare alle "origini" riportando l'attenzione sull'importanza acquisita del consenso informato (che in Italia appare per la prima volta nel 1978, nell'art. 33 della legge 23 dicembre, n.833, prima legge di Riforma Sanitaria) che permetterà di uscire da quell'ottica che per due millenni ha riconosciuto al medico il diritto-dovere di non rivelare nulla al paziente riguardo alle sue condizioni di salute ed ai trattamenti sanitari cui veniva sottoposto. Questa disposizione esclude la possibilità di effettuare accertamenti e trattamenti contro la volontà del paziente proteggendo la salute sotto due aspetti: libertà e diritti. (il lettore, d'altro canto, non mancherà di notare la palese somiglianzacon i principi dell'età classica evidenziati precedentemente).
 

SALUTE

La salute quindi designa la sfera di autonomia entro la quale una persona domina i propri stati biologici e le condizioni del suo ambiente immediato. In questo senso la salute equivale al grado di libertà vissuta. L'art. 13 della  Cost., "la libertà individuale è inviolabile", e l'art 32, "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (nei casi tassativamente previsti)", sono una chiara sintesi della tutela di questo diritto. Una migliore salute non dipenderà da qualche nuova norma terapeutica, ma dal grado di propensione e di competenza ad impegnarsi nella cura di sè. La salute è un compito, la riuscita di questo compito è in gran parte il risultato dell'autocoscienza, autodisciplina e delle risorse interiori con cui ognuno regola il proprio ritmo e le proprie azioni quotidiane. Queste azioni sono plasmate e condizionate dalla cultura in cui viviamo e solo il riconoscimento delle nostre attuali illusioni ci permetterà di ricontattare quel potere fondamentale per ritrovare la salute che include l'integrazione consapevole della nostra fragilità, individualità e delle autentiche connessioni con le altre persone.

 

CHOOSING WISELY

Il "sovrautilizzo" di prestazioni è una costante preoccupazione dei sistemi sanitari in quanto concorre al rialzo della spesa, agli sprechi di risorse e alla non equità di accesso alle prestazioni necessarie. Con sovrautilizzo si intende l'uso di un intervento anche quando i benefici non ne giustificano i potenziali rischi. Le soluzioni ipotizzate per contrastarlo sono di diversa natura e si possono distinguere in quelle che cercano di disincentivare l’uso delle prestazioni sanitarie attraverso l’introduzione di tetti di spesa e in quelle che cercano di intercettare e correggere la non appropriatezza d’uso, attraverso l'elaborazione di criteri (evidence-based medicine) a cui professionisti e pazienti sono chiamati ad aderire per poter prescrivere o accedere alle prestazioni. In questo contesto si inserisce l’interessante tentativo di un approccio innovativo per contrastare il sovrautilizzo, che è stato realizzato negli Stati Uniti dall’American Board of Internal Medicine Foundation (ABIM) in collaborazione con Consumer Reports e nove autorevoli società scientifiche americane. L’iniziativa, denominata Choosing Wisely, aspira a promuovere un’alleanza tra medici e pazienti nel contrastare l’idea che la salute si possa assicurare con un sempre crescente numero di prestazioni e interventi: "fare di più non significa fare meglio". L’obiettivo a lungo termine di questa iniziativa consiste nel mettere le basi per un dialogo  tra il medico e il proprio paziente, affinché si possano conoscere sempre più i rischi legati alle crescenti richieste di esami e trattamenti. Choosing Wisely, lanciato negli Satati Uniti nell'aprile  2012, è ormai diventato un movimento internazionale che si è dotato di principi condivisi in cui forse per la prima volta nell'intera storia della medicina sono i medici, insieme agli altri professionisti sanitari, ad assumersi la responsabilità di individuare in maniera sistematica quegli esami e quei trattamenti che vengono effettuati  in eccesso e cioè pratiche che a volte possono essere utili ma che vengono prescritte in maniera esagerata ed impropria. Il vero obiettivo è quindi quello di favorire il dialogo dei medici e degli altri professionisti della salute con i pazienti e i cittadini, in modo che vengano fornite informazioni sui rischi e sui benefici di esami diagnostici e trattamenti a rischio di "inappropriatezza", in modo tale da rendere le scelte di cura condivise e coerenti con i valori e le preferenze dei pazienti. Choosing Wisely si prefigge così di cambiare una cultura, sia dei professionisti sia dei cittadini, che troppo spesso viene influenzata da interessi economici. Una cultura che porta a ritenere che essere sottoposti a più indagini diagnostiche e a più trattamenti, rappresenti sempre il meglio per ogni persona.
 

CONCLUSIONI

Alla fine di questo "excursus" si può delineare un filo conduttore di fondo che vede una sua circolarità intrinseca.Gli obiettivi, i valori e i problemi del presente sembrano essere strettamente legati ad un passato che riemerge con il suo esempio. Ritengo interessante notare come la nostra cultura stia riscoprendo, in un processo di modernizzazione tecnologica sempre più rapido, quei valori che stanno alla base dell'etica umana. "Niente di nuovo sotto il sole" si potrebbe pensare, ma la reintegrazione degli antichi valori alla luce dei tempi moderni non è affatto scontata. Essa implica un lavoro lento e costante fatto di esperienze, errori e tentativi che hanno come obiettivo la capacità di non perdere la propria umanità, in un processo di integrazione costante con i cambiamenti che avvengono nella società. Il tutto, si spera, alla luce di una consapevolezza sempre maggiore.

 

NOTE

 

1 Potremmo paragonare la figura del sacerdote del tempio a quella dello sciamano. Quest'ultimo era un complesso personaggio che aveva un modo integrale di operare le guarigioni.

 

2. Si pensi al processo di Norimberga del 1946 in cui vennero processati i medici nazisti per esperimenti umani e da cui nascerà il codice che rappresenterà il primo strumento giuridico internazionale della regolamentazione sulla sperimentazione umana. Si pensi allo studio della sifilide condotto a Tuskegee (1932-1972) che non veniva curata di proposito per seguirne l'evoluzione naturale.

 
 

BIBLIOGRAFIA

  • Conforti, M., Corbellini, G., Gazzaniga, V. (2011). Dalla cura alla scienza. Malattia, salute e società nel mondo occidentale Ed.Encyclomedia Publisher.
  • Illich, I. (1976). Nemesi Medica. L'espropriazione della salute. Ed.Red.
  • AA.VV. (2012). Medicina Legale. Ed. Giuridiche Simone.

SITOGRAFIA

  • https://www.choosingwisely.org/
  • https://www.politichesanitarie.itarticoli.php?archivio=yes&vol_id=1244&id=13732
  • https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php
  • https://www.skuola.net/appunti-italiano/seicento-letteratura/600-contesto-storico/seicento.html
  • https://treccani.it/enciclopedia/bioetica_(Enciclopedia-della-scienza-e-della-Tecnica)/
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/cambiamenti-nella-relazione-tra-medico-e-paziente_(XXI-Secolo)/
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/bioetica/
  • https://it.wikipedia.org/wiki/Studio_sulla_sifilide_di_Tuskegee